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(4) My brother wanted to know if Ruth will bring '''us''' home to Mum at Christmas
 
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(5) My brother wanted to know who Ruth will bring '''us''' home to at Christmas
 
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Revision as of 10:52, 9 May 2008

Il termine generico "dipendenze a distanza" (unbounded distance constructions, long-distance dependencies) è spesso usato in letteratura per racchiudere diversi fenomeni:

  • topicalizzazioni:
    • [Nel cassetto]i, ti ho detto che l'ho messo i.
    • [Someone like Mary]i, I wouldn't ask ___i anything.
  • frasi relative:
    • Biagio mi ha restituito il libro chei gli avevo prestato __i.
    • Biagio mi ha portato il libro chei aveva promesso di prestarmi __i.
    • Mary read the book thati John had lent __i her
  • wh-questions:
    • [Che libro]i hai comprato __i ieri?
    • [Che libro]i ha detto Diego che Gabriella ha comprato __i ieri?
    • [Which book]i did Mary buy __i yesterday?
    • John asked [which book]i Mary bought __i yesterday.
  • scissioni:
    • È stato Andreai, che Biagio ha rimproverato __i.
    • It was John whoi Mary asked __i something.

Tutti i fenomeni elencati comportano la dislocazione di un costituente (a volte chiamato filler, riempimento), che non si trova più in situ ma in un'altra posizione (a volte chiamata gap, o trace, traccia). Fenomeni di questo tipo sono quindi un problema nell'analisi sintattica delle lingue a ordine fisso, in cui si deve tener conto di cambiamenti nell'ordine dei costituenti, e in particolare sono problematici per quei formalismi fortemente basati sull'ordine lineare, come la Phrase Structure Grammar. Sono invece più elastici da questo punto di vista altri modelli, come la Dependency Grammar.

Un formalismo che descriva questi fenomeni deve quindi rendere conto di alcune cose:

  1. la posizione del costituente non in situ;
  2. la relazione di dipendenza tra il costituente non in situ e il suo posizionamento "non marcato";
  3. il fatto che queste relazioni non abbiano restrizioni sulla distanza tra il costituente non in situ e il suo posizionamento "non marcato" (se non ovvie restrizioni legate a risorse fisiche della memoria del parlante).

Altri tipi di dipendenze a distanza

Altri fenomeni sono a volte compresi nella famiglia delle dipendenze a distanza, a volte considerati una "classe minore" (weak unbounded dependencies contro strong unbounded dependencies):

  • tough-constructions
    • Leonardoi è sempre stato molto difficile da convincere __i.
    • Maryi is tough to fooli.
  • estrazione del soggetto:
    • [Chi]i __i deve ancora arrivare?
    • [Who]i __i is still to come?
  • estrazione del modificatore:
    • [Per quanto tempo]i Vincenzo corre nel parco ogni mattina __i?
    • [For how many years]i, had Mary thought that John had loved her __i, before she found out that he was cheating on her?
  • riempimenti parassitari:
    • [Which president]i did articles about __i call __i a racist? (ma: * Whoi were articles about __i very revealing?)

Le dipendenze a distanza in un approccio trasformazionale

Nella teoria Generativo-Trasformazionale (Chomsky 1965) le dipendenze a distanza venivano spiegate con il movimento di un costituente dalla sua posizione standard nella frase non marcata: esisterebbe una struttura profonda ("deep structure" o "d-structure") in cui il costituente si trova in situ, e un processo di movimento genererebbe una struttura superficiale ("surface structure" o "s-structure") in cui il costituente non è più in quella posizione. Per tenere conto di questi fenomeni si postulavano operazioni di "cancellazione" e di "riscrittura". Erano tuttavia necessari maggiori vincoli sul tipo di operazioni effettuabili, perché la grammatica rischiava di ipergenerare. La teoria del Binding (Chomsky 1981) assumeva a livello di struttura superficiale l'esistenza di una traccia, fonologicamente vuota, co-indicizzata con il costituente estratto.

L'assunzione di una traccia, e di un meccanismo di associazione tra la traccia e l'elemento estratto dovrebbero trovare prova psicolinguistica. Inoltre, assumere l'esistenza di processi di movimento richiederebbe però una distinzione tra classi di frasi senza movimento (e quindi di più rapida e facile elaborazione) e classi di frasi con movimento (e quindi di più complessa e lenta elaborazione). Traccia e componente trasformazionale sono quindi stati spesso bersaglio di critiche da parte di altre correnti teoriche, che hanno proposto modelli di estrazione e dipendenze a distanza differenti.

Il problema della trasformazionalità

Le prime ricerche psicolinguistiche volte a dimostrare l'esistenza di meccanismi analoghi alle trasformazioni sintattiche nella comprensione di frasi da parte di parlanti (operazioni di detrasformazione, o trasformazione inversa) non hanno avuto un buon esito (Fodor 1978). Frasi per cui si postulava un numero di operazioni di trasformazione maggiore non si rivelavano analogamente più complesse da interpretare di altre più vicine a una "struttura profonda". Piuttosto, sembra che in comprensione i parlanti interpretino incrementalmente almeno alcune parti di ciò che sentono, integrandole in una prima struttura sintattica, senza aspettare ulteriori input; semmai analisi sintattiche sbagliate sono rivedute in tempo reale secondo meccanismi di rianalisi.

Esistono diversi formalismi sintattici non trasformazionali, come la Dependency Grammar (e la sua versione Word Grammar di Hudson), la Prase Structure Grammar di Gazdar, la Tree-Adjoining Grammar e la Head-driven Phrase Structure Grammar (HPSG).

La PSG di Gazdar e le dipendenze a distanza

Gazdar (1981) propone di eliminare la componente trasformazionale della Grammatica Generativa, assumendo che una PSG (Phrase Structure Grammar), con l'aggiunta di alcuni simboli complessi possa rendere conto di fenomeni come le dipendenze a distanza.

I nuovi simboli sono del tipo S/S, S/NP, NP/NP e NP/S. La notazione è così spiegata: un nodo A/B governerà un nodo di tipo A, che a sua volta governerà un sottoalbero contenente un "buco" (hole, traccia) di tipo B.

A queste nuove categorie si aggiunge un insieme di regole derivate dalle regole base. Ad esempio:

S/NP -> NP VP/NP Q -> NP S/NP

VP/NP potrà ad esempio rendere conto di un sintagma come "hai comprato __i" in "[Che libro]i hai comprato __i?"

Il problema del collegamento filler-gap

In una frase con tre possibili gap ('gap' è in un certo senso il correlato teorico della traccia in modelli psicolinguistici) come in (1) è necessario collegare il primo costituente all'ultimo dei tre possibili gap:

(1) [What]i do you want (Δ) Mary to sing (Δ) to the baby about Δi?

Un modello della comprensione delle dipendenze a distanza che assuma l'esistenza di gap deve tener conto del problema dell'associazione del costituente "spostato" con una e una sola posizione nella frase (identificazione del gap o gap-filling process, Fodor 1978). Anche in un modello detrasformazionale questo problema deve essere risolto, perché è comunque indispensabile collegare il costituente a una posizione nella struttura profonda, prima di riportarlo a quella posizione.

Altre teorie come la Word Grammar di Hudson (1984) non richiedono invece la postulazione di tracce o gap, ma stabiliscono una relazione di dipendenza tra l'elemento "estratto" e il costituente che lo sottocategorizza. L'esempio in (1) verrebbe quindi rappresentato in modo diverso:

(2) [What]i do you want Mary to sing to the baby abouti?

Notare che questa volta sono coindicizzati non più il costituente estratto e la traccia ma il costituente e i diversi elementi di cui può essere argomento. Il problema è quindi non più collegare filler e gap, ma predicato e argomento.

La HPSG e le dipendenze a distanza

Nella storia della Head-driven Phrase Structure Grammar si distinguono 3 approcci diversi, sviluppati in momenti diversi:

  1. struttura filler-gap (Pollard e Sag, 1994, capitolo 4): il primo approccio fa uso di una traccia all'interno del lessico, e di schemi di formazione delle frasi per collegarla con il componente estratto (head-filler schema)
  2. analisi senza traccia (Pollard e Sag, 1994, capitolo 9): il secondo approccio nega la presenza di tracce e fa invece uso di regole lessicali, per creare predicati più complessi e integrarli con il componente estratto appena possibile, senza aspettare il gap perché la dipendenza sia creata
  3. analisi senza regole lessicali (Bouma et al. 1998): Bouma et al. cercano di unificare i fenomeni di dipendenze a distanza reinserendo la traccia nell'ontologia (e quindi nel formalismo, non nel lessico); la dipendenza con categorie vuote viene attivata solo quando l'argomento del predicato non viene trovato localmente

Il problema delle categorie vuote e della creazione della dipendenza

A favore delle categorie vuote: l'effetto gap-filler

Swinney et al. (1988), Crain e Fodor (1985) e Stowe (1986) riportano fenomeni interpretabili come effetti gap-filler. Swinney et al. registrano un effetto di prime di parole associate al costituente estratto dopo la posizione del presunto gap ma non prima (gap-filler effect). Ad esempio:

(3) The policeman saw the boy that the crowd at the party accused of the crime

In (3) gli associati di boy sarebbero attivati dopo accused ma non prima. Stowe (1986) mette a confronto coppie di frasi come (4) e (5):

(4) My brother wanted to know if Ruth will bring us home to Mum at Christmas

(5) My brother wanted to know who Ruth will bring us home to at Christmas

I tempi di lettura di us sono più lunghi in (4), perché bring verrebbe associato a un gap, ma questa prima analisi verrebbe poi smentita da us, che farebbe scattare un meccanismo di reanalisi. Tuttavia, come notano Pickering e Barry (1991), esempi di questo tipo sono costruiti in modo tale che il presunto gap seguirebbe il verbo, quindi tali dati non decidono necessariamente in favore dell'esistenza di categorie vuote, ma possono anche essere spiegati da meccanismi di dipendenza come in (2).

Contro le categorie vuote: l'ipotesi di attivazione immediata

Pickering e Barry (1991) forniscono esempi in cui un approccio con gap e un approccio senza gap porterebbero a previsioni diverse, come:

  • [In which box]i did you put the cake __i?
  • [In which box]i did you puti the cake?

Sarebbe inefficiente e non incrementale un modello in cui si attende la fine della frase per un gap, piuttosto che stabilire la dipendenza a livello del predicato. La differenza in termini di efficienza sarebbe ulteriormente evidente in frasi particolarmente lunghe come:

  • [In which box]i did you puti the very large and beautifully decorated wedding cake bought from the expensive bakery?

che dovrebbero essere significativamente più facili da analizzare di frasi come:

  • [Which box]i did you put the very large and beautifully decorated wedding cake bought from the expensive bakery ini?

La presenza di categorie vuote richiederebbe che la frase < /> sia più diffile della frase < />, perché il gap richiederebbe di essere mantenuto in memoria fino alla fine della frase:

  • We gave every student capable of answering every single tricky question on the details of the extremely complicated theory a prize
  • That's the prizei we gave every student capable of answering every single tricky question on the details of the extremely complicated theory ___i.

Il giudizio di naturalità del parlante (Pickering e Barry 1991) è invece esattamente l'opposto, sembrerebbe quindi che in ... l'elemento non in loco sia integrato in un'analisi sintattica incrementale quando viene analizzato il predicato, e non alla fine della frase.

L'ipotesi di doppia attivazione

I dati raccolti da Nicol (1993) sembrano essere compatibili sia con l'idea, più vicina alle Grammatiche della dipendenza, che il costituente estratto venga subito associato al predicato, sia con l'idea del "filler-gap effect", in quanto si osserverebbe una duplice attivazione del costituente, sia dopo il predicato, sia in posizione di gap. Nicol propone quindi un modello in cui il predicato attivi un ruolo tematico per il costituente, e che questa prima ipotesi venga poi consegnata alla posizione del gap. Sag e Pollard (1994) suggeriscono un modello di dipendenze a più livelli, semantiche (collegamento ruolo tematico-predicato) e sintattiche (collegamento filler-gap), non necessariamente sovrapponibili.

Eye-tracking e Potenziali evocati

Gli studi di eye-tracking di Traxler et al. (1996) confermano il fatto che i parlanti stabiliscano subito una relazione di dipendenza tra il predicato e il costituente estratto (ed eventualmente ricorrono in seguito a meccanismi di reanalisi quando questa relazione dovesse risultare errata), ma non trovano prova sperimentale della "seconda attivazione" dovuta al gap prevista da Nicol (1993).

Gli studi con i potenziali evocati di Kaan et al. (2000) rilevano una componente P600 quando un soggetto riceve come input un verbo che completa una relazione di dipendenza con un precedente elemento wh della frase, e suggeriscono che la sua ampiezza dipenda proporzionalmente dalla lunghezza della dipendenza (ricordiamo che la componente N400 è genericamente associata alla rianalisi semantica, la P600 a quella sintattica). Questa previsione è verificata da Philips et al. (2005), che trovano i seguenti risultati:

  1. una negatività anteriore prolungata (sustained anterior negativity), che interpretano come il risultato di un mantenimento in memoria di lavoro del componente estratto
  2. l'ampiezza della P600 non è invece influenzata dalla lunghezza della dipendenza, mentre invece il suo onset è ritardato in dipendenze a lunga distanza

Riferimenti bibliografici

  • Bouma, G., Malouf, R. , Sag, I. A. 1998. "A unified theory of complement, adjunct, and subject extraction. In: Proceedings of the Joint Conference on Formal Grammar, Head-Driven Phrase Structure Grammar, and Categorial Grammar. Saarbrücken. Pp. 83-97.
  • Chomsky, Noam. 1965. Aspects of the theory of syntax. Cambridge, Mass.: MIT Press.
  • Chomsky, Noam. 1981. Lectures on Government and Binding. Dordrecht: Foris.
  • Crain, S., Fodor, J.D. 1985. How can grammars help parsers?. In: D.R. Dowty, L. Karttunen, A.M.Zwicky (Eds.), Natural Language parsing: Psychological, computational and theoretical perspectives. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Fodor, Janet Dean, 1978. Parsing strategies and constraints on transformations. In: Linguistic Inquiry, 8, 427-473.
  • Gazdar, Gerald. 1981. Unbounded Dependencies and Coordinate Structure. In: Linguistic Inquiry, 12, 155-184.
  • Kaan, E., Harris, A., Gibson, E., Holcomb, P. 2000. The P600 as an index of syntactic integration difficulty, Language and Cognitive Processes 15, 159– 201.
  • Lasnik, Howard & Saito, Mamoru. 1992. Move alpha: Conditions on Its Application and Output. Cambridge, Mass.: MIT Press.
  • Nicol, J.L. 1993. Reconsidering activation. In: Gerry T. M. Altmann, Richard Shillcock, Cognitive Models of Speech Processing: The Second Sperlonga Meeting. Psychology Press.
  • Pickering, Martin & Barry, Guy. 1991. Sentence processing without empty categories. In: Language and Cognitive Processes, 6, 229-259.
  • Phillips, C., Kazanina, N., Abada, S. 2005. ERP Effects of the Processing of Syntactic Long-distance Dependencies. In: Cognitive Brain Research, 22, 407-428.
  • Pollard, C., Sag, Ivan A. 1994. Head-Driven Phrase Structure Grammar.
  • Sag. Ivan A., Pollard, C. 1994. Extraction without traces. In: West Coast Conference on Formal Linguistics, 365-384. Stanford Linguistics Association.
  • Stowe, L.A. 1986. Parsing WH-constructions: Evidence for on-line gap location. In: Language and Cognitive Processes, 1, 227-245.
  • Swinney, D., Ford, M., Frauenfelder, U., Bresnan, J. 1988, On the temporal course of gap-filling and antecedent assignment during sentence comprehension. In: B. Grosz, R. Kaplan, M. Macken, I. Sag (Eds.), Language structure and processing, Stanford. Calif.: CSLI.
  • Traxler, M.J., and Pickering, M.J. 1996. Plausibility and the processing of unbounded. dependencies: An eye-tracking study. In: Journal of Memory & Language, 35, 454-475.